La scienza al servizio dei valori etici universali nella Tradizione Indovedica
Il pensiero occidentale, con i suoi impareggiabili maestri di filosofia e politica, ha intuito da sempre l’inscindibilità delle questioni etiche da quelle legislative, particolarmente in funzione del principio di sopravvivenza dell’uomo – inteso da Aristotele come “animale politico” – in contesti di vita associata in cui educare e formare cittadini virtuosi.
Tuttavia, affrontare e accogliere alcune tappe ineliminabili della nostra esistenza come la vecchiaia, la sofferenza, la malattia e la morte solleva questioni di difficile regolamentazione giuridica, invitando ad una riflessione più ampia sul significato dell’esperienza umana e sulla opportunità di una comprensione non solo biologica del dolore e del mistero che lo accompagna.
Può essere utile, in un clima di riflessione e confronto interdisciplinare, considerare il punto di vista di una tradizione millenaria, quella dei popoli la cui origine culturale affonda nei valori delle scritture vediche, che ha ispirato tutto il suo sistema di pensiero filosofico ad un principio di etica universale: la legge del Dharma.
La parola Dharma proviene dalla radice “dhr”, sostenere. Con questo termine si intende l’elemento base che supporta tutto, che opera per l’integrità e l’armonia. La parola vuol dire letteralmente “ciò che tiene insieme”, e include tutto ciò che sottintende una crescita e che promuove un progresso umano equilibrato. Il dharma è la legge naturale della verità cosmica e dei principi universali ed eterni, il Divino regolatore dell’Ordine etico e della giustizia.
Talmente centrale come concetto, esso è alla base di ogni pratica medica e psicologica, di tutte le manifestazioni letterarie e artistiche e soprattutto dei trattati di diritto e di politica.
Nella tradizione indovedica ogni scienza, infatti, non viene studiata separatamente ma ognuna è complementare all’altra.
La scuola filosofica indiana nota come “astika”, ad esempio, fondata sull’autorevolezza delle scritture vediche ed elaborata alcuni secoli prima dell’era cristiana, comprende sei sistemi di pensiero conosciuti come Shad Darshana [le sei visioni della vita]: logica, fisica, filosofia, psicologia, ritualistica e teologia.
Le loro specificità rappresentano soltanto facce diverse di una stessa realtà vista integralmente, alla base della quale c’è lo scopo ultimo di liberare l’essere umano dai condizionamenti terreni e di restituirgli il suo status originario di perfetta consapevolezza, eternità e felicità.
Le diverse interpretazioni e prospettive offerte da ognuna di queste discipline non creano disarmonie né contrapposizioni ma ampliano l’orizzonte conoscitivo.
I Dharma-shastra, i trattati sulle leggi, ad esempio, offrono una regolamentazione pratica del comportamento medico, sottesa agli stessi principi condivisi di benessere dell’individuo, identificato non solo nella sua manifestazione psicofisica ma prioritariamente considerato nella sua vera essenza, quella spirituale.
Gli shastra sulla medicina, a loro volta, come il Caraka-samhita, vero e proprio trattato di Ayurveda, sposa pienamente i principi psicologici di salute mentale ed emotiva, tanto da considerare come prima causa di malattia fisica il “pragya aparadha”, l’errore dell’intelletto, l’identificazione, cioè dell’essere umano con le sue limitazioni invece che con le sue illimitate potenzialità.
Gli Yoga-sutra di Patanjali, autore vissuto secondo la tradizione nel III secolo A.C., costituenti il fondamento dello Yoga Darshana [la Scienza della Psicologia], pongono emblematicamente alla base delle otto tappe che conducono alla definitiva liberazione e realizzazione di sé alcune regole etiche di comportamento, senza la cui osservanza nessuna pratica di concentrazione e meditazione può portare frutti. Le otto fasi sono: Yama [attività da cui astenersi], Niyama [attività prescritte], Asana [posizioni fisiche da assumere propedeutiche alle tappe successive], Pranayama [gestione del respiro], Pratyahara [ritrazione dei sensi dagli oggetti e loro canalizzazione verso il sé], Dharana [concentrazione], Dhyana[meditazione] e Samadhi [assorbimento nella Realtà].
Se ne deduce che il rispetto dei principi regolatori dell’Universo unita ad una disciplina rigorosa sono alla base della cultura psicologica indovedica. Non violenza, veridicità, onestà, continenza sessuale e libertà dal desiderio di possesso costituiscono le astensioni. Purezza, contentezza, rigorosa coerenza, studio del sé e abbandono a Dio rappresentano invece le prescrizioni.
L’opera letteraria dell’India antica più celebrativa dei benefici derivanti all’uomo dal rispetto delle regole dharmiche è il Ramayana, il poema che narra la discesa sulla terra di Rama, incarnazione terrena di Vishnu, e delle sue avventure come monarca ideale difensore dell’Ordine Divino Universale.
Il grande poeta Valmiki, autore del Ramayana, scrive:
Dharmo hi paramo loke Dharma satyam pratishitam
[Dal dharma nasce il benessere, il dharma è la porta della felicità, con il dharma otteniamo tutto, il dharma è l’essenza del mondo].
Il termine Dharma indica anche la religione intesa come legge naturale, come norma eterna del cosmo e della vita individuale e sociale degli esseri umani, volta da un lato a procurare i beni terreni e dall’altro a favorire il conseguimento della liberazione dal samsara, il ciclo delle nascite e delle morti. Nella tradizione induista il Dharma viene spesso raffigurato nel suo aspetto di Yama, il Deva della morte, nella sua rappresentazione divina di Giustizia e di Equità, poiché ha il compito di stabilire le destinazioni delle anime. Strettamente connesso ai concetti di karma [azione-reazione] e prakriti [natura materiale]. Il principio dharmico, oltre ad unire teologia e medicina, fisica e psicologia, filosofia e diritto, lascia spazio a un continuo dialogo tra fede e scienza , tra esigenze etiche e desideri di progresso ed evoluzione, favorendo una ricerca affidata non solo agli strumenti dell’osservazione, della razionalità, della deduzione e della logica ma anche e soprattutto a metodi intuitivi che scaturiscono da una conoscenza non soggettiva ma realizzata, consapevole, diretta.
Caterina Carloni
PER SAPERNE DI PIÙ
PSICOLOGIA DEL CICLO DELLA VITA
OLTRE NASCITA E MORTE. COME ASSISTERE I MALATI TERMINALI E I LORO FAMILIARI
AUTORE: MARCO FERRINI
Frutto di lunghi anni di studi e di ricerche sul tema della morte e del processo del morire alla luce del pensiero filosofico-psicologico della civiltà classica indiana, il libro propone conoscenze e metodologie per trasformare un evento traumatico in un’occasione di crescita e di evoluzione interiore. L’argomento viene trattato in una prospettiva bio-psico-spirituale con un approccio olistico, senza frammentazioni tra medicina, psicologia e spiritualità. L’autore esplora le dinamiche fondamentali legate alla crisi, alla gestione dell’affettività nel contesto problematico della malattia e tratta tematiche come l’elaborazione del lutto e le paure del morente, spiegando come sia possibile, attraverso un percorso di consapevolezza, affrontare la morte percependo che la propria identità è diversa da quella del corpo e scoprendo di fronte a sé una nuova fase della propria esistenza, tutta da progettare costruttivamente.
Il tema, delicato e di grande attualità, è stato sviluppato in Seminari tenuti da Marco Ferrini, presidente e fondatore del Centro Studi Bhaktivedanta, in varie edizioni, anche in collaborazione con il Ministero della Salute nell’ambito dei programmi formativi E.C.M. [Educazione Continua in Medicina].