Rappresentato come un vecchio dai capelli bianchi, Saturno, il dio del Tempo, regnò, secondo la leggenda, nella mitica “età dell’oro”, quando la primavera era perpetua, vi era abbondanza di ogni frutto della Terra, e uomini e dei vivevano insieme senza necessità di lavorare e senza alcuna distinzione sociale.
La vecchiaia non è un’ora vuota, ma un’ora grande, un’ora che accompagna un’età di vendemmia, di raccolto, insomma una nuova età dell’oro.
Con gli anni, gli occhi e la memoria si indeboliscono, ma si impara a vedere più lontano. Per questo i bambini amano la compagnia degli anziani: non sono stressati e distratti dal superfluo come i loro genitori; sanno raccontare le storie, quelle vere, che parlano all’anima, e comprendono l’importanza dei sogni.
La popolazione italiana è sempre più vecchia: un italiano su 5 è over 65.
Nel 2050 la percentuale di individui con 65 anni e più potrebbe crescere fino al 34%. Nonostante le donne facciano più figli e l’indice di fertilità continui lentamente a crescere da dieci anni a questa parte, i minorenni rappresentano una quota sempre più bassa della popolazione italiana. La vecchiaia oggi è considerata come una fase del ciclo di vita in cui non si può guardare avanti e non si possono avere aspettative.
Sembra quasi che ci si possa solo volgere indietro.
Invece possiamo ancora coltivare qualche sogno.
Ma quando inizia la vecchiaia? Una risposta che trovi tutti d’accordo non esiste; c’è chi dice a 60, a 70, a 75 anni; la qualifica di “vecchio” è dunque molto relativa, tanto che, nel sentire comune, “i vecchi…sono gli altri”!
I più recenti studi sull’invecchiamento sembrano prevalentemente dedicati alla valutazione dei livelli e delle “performances” cognitive della persona che invecchia, mentre ben pochi sono gli studi sulla dimensione affettiva dell’anziano.
L’età anagrafica, in realtà, è solo un aspetto “dell’età” di una persona, che comprende, invece, anche la sua personalità, il suo modo di stare con gli altri, i suoi progetti e le sue attitudini. Come ha scritto Umberto Saba, «la vecchiaia non è un’ora vuota, ma un’ora grande, un’ora che accompagna un’età di vendemmia, di raccolto», insomma una nuova età dell’oro.
Questa fase della vita prevede indubbiamente dei cambiamenti cognitivi, delle modificazioni psicofisiologiche (cominciano a calare la vista e l’udito, ci si muove più lentamente, i tempi di reazione si allungano) e anche delle trasformazioni affettive ed emozionali (ci si concentra di più su sé stessi e sul proprio benessere fisico, si tende al ritiro su sé stessi), ma è certo che un’adeguata preparazione alla vecchiaia porta con sé le condizioni per viverla al meglio. A meno che non si incorra nella gerascofobia (paura persistente, ingiustificata e anormale di invecchiare, spesso dovuta alla sopravvalutazione dei beni materiali e del successo mondano, collegati alla bellezza e al potere di seduzione), la vecchiaia arriva – se tutto va bene- come tappa naturale ed obbligata di ogni essere umano.
Per affrontarla con successo, ecco i comportamenti da evitare:
1. La medicalizzazione: tutto viene impostato sui problemi medici, e curarsi diventa uno scopo, quasi il maggior impegno della giornata. La malattia diventa un incubo e la maggior parte dei rapporti tra le persone si impernia sulle figure centrali della salute, cioè il medico e il farmacista. Anche la maggior parte degli spostamenti dell’anziano diventano quelli per andare a fare gli esami o per ritirarne gli esiti.
2. Il giovanilismo: è l’esatto contrario di ciò di cui sopra, e rappresenta la negazione della vecchiaia attraverso l’assunzione di standard di vita più tipici di altre fasce di età.
3. Il catastrofismo e l’atteggiamento polemico: un’altra strategia comune è quella di sviluppare la tendenza al pessimismo verso il mondo, le persone, i valori.
La catastrofe mondiale attenua, così, la piccola catastrofe individuale dell’invecchiare. Questo non è naturalmente un atteggiamento produttivo, perché induce alla depressione, e priva della possibilità di godere di ciò che la vita può ancora offrire.
Le scelte più utili sono invece imperniate su modalità di vita caratterizzate da alcune qualità.
Una di queste è l’adattabilità che, in vecchiaia, ha un particolare rilievo purché intesa non nel senso di rassegnazione o sottomissione ma di riaggiustamento, di adeguamento a nuove situazioni. Adattarsi vuol dire, in sostanza, accettare che certi cambiamenti sono necessari e trovare ragioni nuove per operare positivamente nel mondo.
Un’altra qualità importante è la creatività, che è stata definita come uno dei modi e dei mezzi essenziali che l’uomo utilizza allo scopo di portare in avanti le frontiere del possibile.
La creatività è alimentata dall’immaginazione, dalla capacità di produrre tante idee e di modificare lo schema mentale.
La creatività è anche una delle tre doti ritenute essenziali per il progresso dell’umanità: le altre due sono la curiosità e l’umiltà. Queste doti vanno stimolate sin dalla giovane età e poi elaborate, integrate, meglio definite. La creatività, a differenza dell’apprendimento, deve essere permanente, ma non fornendo materiali nuovi da imparare, bensì ampliando e specializzando le qualità di ognuno.
Un’altra qualità essenziale per vivere bene questa fase della vita è l’altruismo. Per questa attitudine, non vi sono limitazioni: rendersi utili, oltre a dare significati nuovi alla quotidianità, diviene anche un valido meccanismo per difendersi dalla tendenza al vittimismo e alla compassione.
E per finire, è certamente auspicabile anche la dote dell’equilibrio: l’equilibrio tra attività e riposo, tra noia e iperattivismo, tra ruoli di protagonista e di spettatore della vita, tra l’accettazione della vecchiaia e la reazione a questa.
La nostra cultura è ricca di esempi di straordinarie figure di anziani che hanno contribuito a darci onore e lustro. Tempo fa, il premio Nobel Rita Levi Montalcini (1909-2012), pubblicò un libro sulla vecchiaia in cui sfuggiva ai lamenti sulla condizione dell’anziano e mostrava come ciò che si perde possa essere sostituito da qualcos’altro, narrando la storia di personaggi molto attivi anche da vecchi, come Michelangelo, Galileo o Picasso.
Esemplare la storia di uno dei più grandi mistici e santi indiani vaishnava del nostro tempo: Sua Divina Grazia A.C. Bhaktivedanta Swami Prabhupada, che alla veneranda età di 69 anni s’imbarcò alla volta di New York con solo poche rupie in tasca e diversi bauli di libri e trattati filosofici. Nei successivi dodici anni, questo grande maestro spirituale riuscì a fondare più di 90 centri per la diffusione in tutto il mondo della tradizione Bhaktivedantica, traducendo e portando alla conoscenza di tutto il mondo occidentale le antiche scritture vediche.
Con gli anni, gli occhi e la memoria si indeboliscono, ma si impara a vedere più lontano. Per questo i bambini amano la compagnia degli anziani: non sono stressati e distratti dal superfluo come i loro genitori; sanno raccontare le storie, quelle vere, che parlano all’anima, e comprendono l’importanza dei sogni.
Un mito antico narra la storia di una giovane che formulava oracoli in una caverna nei pressi del lago d’Averno, nella città magnogreca di Cuma.
Apollo, innamorato di lei, le aveva offerto qualsiasi cosa purché diventasse la sua sacerdotessa. La giovane gli aveva chiesto l’immortalità ma si era dimenticata di chiedere la giovinezza e, quindi, invecchiò sempre più finché il corpo divenne piccolo e consumato come quello di una cicala. Così decisero di metterla in una gabbietta nel tempio di Apollo, fino a quando il corpo non scomparve e rimase solo la voce.
La leggenda della Sibilla Cumana rappresenta bene la condizione dell’esistenza umana, soggetta alle trasformazioni del Tempo, ma che, tuttavia, proprio attraverso il tempo, ci mostra il vero volto della vita, i valori essenziali, l’intima saggezza che riposa in ciò che non si vede e nelle visioni che soltanto l’esperienza e le realizzazioni interiori ci possono dischiudere.
Caterina Carloni