All’inizio del secondo libro degli “Yoga Sutra” di Patañjali, dedicato alla sādhanā (pratica), l’autore afferma che all’origine dei vortici della mente (le vritti) ci sono cinque matrici che ne condizionano l’orientamento. Queste matrici si chiamano kleśa e inducono sofferenza condizionando le azioni, le scelte di vita e l’orientamento degli stessi processi mentali.
Con il sostantivo maschile sanscrito kleśa, si indica uno stato di afflizione, di dolore, di angoscia, di tormento, di preoccupazione terrena che vincola gli esseri viventi alla ruota del samsara, il ciclo di nascite e morti.
I klesha sono all’origine del karma [II. 12], il bagaglio personale di esperienze che condiziona la nostra vita attuale e quelle future. Il karma, legge di causa ed effetto, è il prodotto di tutto ciò che noi abbiamo compiuto, nel bene e nel male, nelle nostre vite precedenti.
Si tratta, quindi, di cinque afflizioni, che rappresentano le cinque cause della sofferenza terrena. I klesha derivano dalla mente e sono radicati in essa. Queste cinque miserie dell’esistenza sono:
- Avidya: indica l’ignoranza o la falsa comprensione della vera natura delle cose. Da questo fraintendimento originano le altre quattro sofferenze.
- Asmita: si riferisce alla falsa identificazione del soggetto con l’io storico e non con la sua natura eterna.
- Raga: è l’attaccamento nei confronti delle idee o degli oggetti.
- Dvesha: è l’avversione verso quei pensieri legati a esperienze dolorose vissute nel corso dell’esistenza.
- Abhinivesha: indica sia l’attaccamento istintivo alla vita, sia la paura della morte.
Una volta individuati i Klesha, occorre sviluppare una profonda consapevolezza delle nostre afflizioni. In questo ci viene in aiuto lo yoga con le sue pratiche meditative. La regolarità e la continuità degli esercizi consigliati da Patanjali nel suo trattato rappresentano ottimi strumenti di prevenzione degli squilibri psicofisici.
Caterina Carloni