COS’E’ UN MANTRA
La parola Mantra è un sostantivo maschile sanscrito che significa “veicolo o strumento del pensiero”. Può corrispondere ad un verso dei Veda, ad una formula sacra indirizzata ad un essere celeste, ad una preghiera, ad un canto sacro o a una pratica meditativa.
Un’etimologia tradizionale fa invece derivare il termine mantra dal verbo “man”, (pensare), collegato al sanscrito “tra” (che protegge), con il significato di “pensiero che offre protezione”.
Essendo tradizionalmente considerati come non composti da esseri umani, bensì trasmessi ai saggi cantori in epoche storicamente lontane, i versi dei Veda furono considerati dalle tradizioni induiste come mantra “increati” ed “eterni” che mostravano la vera natura del cosmo.
I testi risalenti alla fine del secondo millennio a.C. e inerenti al Samaveda affermano che l’importanza di questi mantra non risiedeva solo nel loro significato quanto anche nella loro sonorità.
Un mantra può essere recitato ad alta voce, sussurrato o anche solo enunciato mentalmente, nel silenzio della meditazione, ma sempre con la corretta intonazione.
L’atto di enunciare un mantra è detto uccara; la sua ripetizione rituale va sotto il nome di japa, e di solito avviene su di un mala, cioè un rosario in legno di sandalo formato da 108 grani.
OM è il bija mantra (formato da un solo monosillabo) più noto. Considerato il suono primordiale, forma fonica dell’Assoluto, è utilizzato sia come invocazione iniziale in moltissimi mantra, sia come mantra in sé. Le lettere che compongono il bija sono A, U ed M: nella recitazione A ed U si fondono in O, mentre la M terminale viene nasalizzata e prolungata fonicamente e visivamente. La recitazione dell’OM è molto comune, ed è considerata di grande valore e potenza.
IL MAHAMANTRA
Il Mahamantra (letteralmente “il grande mantra”), è composto da sedici parole:
hare krishna hare krishna krishna krishna hare hare hare rama hare rama rama rama hare hare.
Il Mahamantra, secondo la Tradizione Bhaktivedantica, se praticato regolarmente, possiede la proprietà di “ripulire” la mente dai pensieri “tossici” e di illuminare le zone buie del nostro inconscio.
Può essere recitato sul mala (japa), cantato individualmente (kirtana) oppure cantato collettivamente (sankirtana).
Il Mahamantra, come tutti i mantra, non è strutturato come un discorso speculativo, con un inizio, uno svolgimento ed una conclusione; esso non spiega, poiché dà già per scontata la conoscenza dei contenuti cui si riferisce. E’ efficace di per sé, ma ancora più nella misura in cui chi lo invoca è profondamente consapevole di ciò che sta pronunciando e della motivazione per cui lo fa.
Ogni sillaba è densa di energia spirituale, e può trasformare l’energia psichica da disecologica ad ecologica.
Le caratteristiche, la storia, le origini e le modalità pratiche di recitazione del Mahamantra sono riportate nel libro “La Terapia della Felicità – un sondaggio sui benefici della meditazione – La pratica del MAHAMANTRA”, Amazon KDP, che contiene i dettagli di una ricerca condotta nel mese di ottobre 2016, promossa dal Centro Studi Bhaktivedanta e curata dalla Dr.sa Caterina Carloni, psicologa e psicoterapeuta ad orientamento psicosomatico.
Lo studio, presentato il 22 novembre 2017 presso la sala conferenze dell’Ordine degli psicologi del Lazio e finalizzato a verificare il livello di soddisfazione di coloro che praticano la meditazione con il Mahamantra, ha raccolto le testimonianze di 509 persone maggiorenni e residenti in Italia.
La raccolta delle risposte al questionario è avvenuta interamente online, tramite il social network facebook e altri canali informativi tra cui newsletter, email e pubblicazioni varie.
Il questionario è stato suddiviso in 5 sezioni:
- Presentazione;
- dati personali (età, sesso, regione di residenza, occupazione ecc.);
- meditazione con i mantra (conoscenze teoriche);
- la pratica del Mahamantra (motivazioni, approccio e modalità di svolgimento degli esercizi);
- i benefici del Mahamantra (livello di soddisfazione e benefici percepiti dai praticanti).
Ecco una sintesi dei risultati:
La pratica meditativa del Mahamantra è attualmente diffusa in modo trasversale tra individui di sesso sia maschile che femminile, di età prevalentemente compresa tra i 35 e i 55 anni, residenti in tutta Italia e con livelli di istruzione medio-alti.
Il settore d’impiego è diversificato, con una lieve predominanza di occupati nell’ambito del benessere e delle discipline olistiche.
Solo una lieve percentuale (15%) ha dichiarato di non conoscere il significato della parola “mantra”, mentre la maggioranza ha definito con proprietà di linguaggio e in modo particolareggiato sia l’etimo che le varianti terminologiche.
Oltre al Mahamantra, i partecipanti al sondaggio dichiarano di conoscere anche altri tipi di mantra, sia vaishnava che di origine buddhista, tibetana e shivaita.
La maggioranza assoluta dei partecipanti (52%) dichiara di essere venuto a conoscenza di questa pratica meditativa attraverso altri praticanti.
Il desiderio di crescita personale rappresenta la motivazione elettiva (ben il 62%), e questa stessa motivazione sembra essere anche positivamente correlata con il livello di soddisfazione derivante dalla pratica stessa.
Il 40% dei partecipanti medita sul Mahamantra da almeno due anni e il 35% da almeno dieci anni.
Il tempo dedicato alla pratica è variabile: per il 36% va da un’ora a due ore giornaliere, mentre altri (39%) praticano solo mezz’ora o meno al giorno.
I praticanti di “lungo corso” (dai 5 anni in su) dedicano proporzionalmente più tempo alla meditazione rispetto a chi la pratica da poco tempo (dai sei mesi a un anno).
Il momento della giornata scelto per la pratica meditativa, per il 71% dei partecipanti, è l’alba oppure la mattina. Il luogo prescelto è la propria casa (72%) e la meditazione si svolge prevalentemente in solitudine (73%).
La metà degli intervistati dichiara di aver sospeso la pratica (49%) per almeno due mesi; tale percentuale si abbassa leggermente man mano che aumenta la costanza e la regolarità nella dedizione alla pratica.
Il motivo di queste “pause” dipende soprattutto da difficoltà pratiche e di tempo (48%) oppure da conflittualità di varia natura (27%).
Gli effetti benefici della pratica meditativa vengono unanimemente riconosciuti (95%).
La modesta percentuale in controtendenza dedica meno di mezz’ora al giorno alla meditazione e tende a meditare in modo poco costante. Inoltre, la motivazione alla pratica è più orientata al desiderio di superare un momento difficile e alla curiosità rispetto agli intervistati che hanno risposto SI’, la cui motivazione prevalente è il desiderio di crescita personale.
I benefici percepiti come effetto della pratica meditativa sul Mahamantra sembrano riguardare soprattutto la sfera emotiva (69%) e relazionale (48%).
Gli intervistati hanno dichiarato inoltre di riscontrare un senso di benessere generale a livello fisico (82%), maggiore calma ed equilibrio (75%), lucidità e concentrazione (59%), più immaginazione ed intuito (50%), oltre ad un miglioramento generale dei rapporti sociali ed interpersonali (80%).
Molti intervistati hanno avuto piacere di raccontare la loro personale esperienza nel percorso di crescita realizzato grazie alla pratica meditativa e ne è risultato un bellissimo, spontaneo e sentito affresco delle più profonde ed inesprimibili emozioni scaturenti da dimensioni coscienziali percepite come elevate ed espansive.
In conclusione:
- La molla che spinge la maggior parte delle persone ad avvicinarsi alle pratiche spirituali come quella oggetto della nostra ricerca è il genuino desiderio di crescita personale. Ciò è avvalorato dai livelli medio-alti di istruzione e dalle buone capacità elaborative e intellettuali mostrate dai partecipanti al sondaggio nelle domande aperte.
- I benefici dichiarati dagli intervistati, derivati dalla pratica meditativa con il Mahamantra, si collocano su percentuali altissime (95%) e mostrano un andamento crescente, proporzionale alla continuità, alla durata nel tempo e alle ore dedicate giornalmente a recitare il Mahamantra. Tali benefici riguardano soprattutto la sfera emotiva (69%) e quella relazionale (48%).
- Le caratteristiche delle persone che si dedicano alla recitazione del Mahamantra non consentono di trarre un profilo specifico ma sembrano riferite a tratti, abitudini, interessi ed attività estremamente varie e estese.
- La ricerca evidenzia che la continuità e la regolarità della pratica sono direttamente proporzionali ai benefici percepiti dai praticanti e che la motivazione alla crescita personale è altresì correlata al livello di soddisfazione derivante dalla pratica stessa.
- La recitazione con il Mahamantra assicura un netto miglioramento della vitalità psicofisica, una maggiore resistenza emotiva e una più spiccata capacità d’interagire positivamente con gli altri.
- La ricerca conferma, in sintesi, quanto già evidenziato in studi analoghi circa la validità delle tecniche di meditazione. In particolare, la meditazione con il Mahamantra, se praticata regolarmente, assicura un migliore autocontrollo, calma, equilibrio, lucidità e concentrazione.
Recitare il Mahamantra è oltretutto facile e non richiede nessuna particolare competenza. I benefici sono molti, verificabili e senza controindicazioni.
La storia della psicologia insegna che, a partire dai suoi albori, con la nascita nel 1879 del primo laboratorio sperimentale di Wilhelm Wundt a Lipsia, fino ad oggi, passando per autori del calibro di Freud, Watson, Lewin, Jung, Rogers, Hillman, con i quali sono nate e si sono sviluppate le cosiddette “forze” del cambiamento (comportamentismo, psicanalisi, psicologia umanistica e transpersonalismo) abbiamo assistito ad una progressiva crescita di interesse scientifico verso quelle aree della realtà psichica che si estendono oltre l’identificazione con la personalità individuale.
La salute psicofisica degli individui è di fatto il risultato di un armonico scambio tra diverse istanze dalle quali nessuna componente può essere esclusa: fisica, psichica, sociale, relazionale e spirituale.
Quest’ultima area di studio sembra determinare, più di ogni altra, la qualità e il livello dello stato di benessere individuale, rinforzando e proteggendo il percorso di evoluzione del singolo e della collettività.
“Anche se qualcuno distribuisse dieci milioni in carità durante un’eclissi di sole, o vivesse per milioni di anni alla confluenza del Gange e della Yamuna, oppure offrisse una montagna d’oro in sacrificio ai sacerdoti, non guadagnerebbe neanche una centesima parte dei meriti derivanti dal canto del mantra Hare krishna” (Sanatana Goswami).
Caterina Carloni