Bruxelles non è solo la capitale del Belgio, ma uno dei centri di rilevanza dell’Unione Europea. Questa città cosmopolita e dinamica non solo rappresenta bene la multiculturalità del vecchio continente, ma anche il suo antico retaggio e lo sguardo volto al futuro: dai meravigliosi edifici gotici della Grand Place all’immensità modernista dell’Atomium, Bruxelles non manca di monumenti epici e grandiosi che catturino l’attenzione del visitatore.
Eppure non è né epica né grandiosa l’attrazione che più di tutte è capace di calamitare orde di turisti: il Manneken Pis, la statua del bambino che fa la pipì nella fontana, è il vero simbolo di Bruxelles e sicuramente la sua attrazione più popolare.
La posa irriverente e di sfida simboleggia lo spirito indipendente degli abitanti di Bruxelles.
Ma cos’è l’irriverenza?
In un famoso saggio intitolato La virtù dell’irriverenza, centrata su una visione radicale della politica e della società, lo scrittore Oscar Wilde scriveva:
“In passato fui un poeta e un tiranno. Adesso sono un artista e un anarchico.
Senz’altro si dirà che la proposta avanzata qui non è realistica ed è contraria alla natura umana. È perfettamente vero. Non è realistica ed è contraria alla natura umana. Appunto per questo merita di essere realizzata, ed è per questo che la proponiamo. Quali sono infatti i progetti realistici? Può trattarsi solo di progetti già realizzati oppure realizzabili entro i limiti dell’attuale stato di cose. Ma l’attuale stato delle cose è precisamente ciò cui dobbiamo opporci, e ogni progetto capace di accettarlo è sbagliato e sciocco. Spazzato via l’attuale stato di cose, la natura umana cambierà. L’unica certezza che abbiamo in merito alla natura umana è che cambia. Il cambiamento è l’unica qualità su cui possiamo contare.”
La statua del Manneken Pis ben incarna questa visione libertaria e anticonformistica.
Alta circa 50 centimentri, la statua rappresenta un puer mingens di bronzo mentre sta urinando (le parole manneken pis, in dialetto fiammingo, significano “ragazzo che fa la pipì”).
“L’origine della statua non è accertata e numerose sono le leggende che circolano in merito. Fra di esse, una descrive un bambino che avrebbe estinto, a suo modo, la miccia di una bomba con la quale i nemici volevano dare fuoco alla città; un’altra, invece, narra di un bambino che si era perso e che sarebbe stato ritrovato dal padre, un ricco borghese di Bruxelles, nella posizione che si immagina; un’altra ancora racconta che nel XII secolo un bambino, figlio di un celebre duca, fu sorpreso ad urinare contro un albero durante le fasi cruciali di una battaglia. Questa immagine finì così per simboleggiare il coraggio militare dei belgi.
È tradizione offrire al Manneken Pis degli abiti in occasioni speciali. Il guardaroba attuale comprende più di ottocento costumi, per lo più conservati nel museo della città ubicato nella Casa del Re sulla Grand Place. Il primo abito gli fu donato nel 1698 da Massimiliano-Emanuele di Baviera, governatore generale dei Paesi Bassi spagnoli. Nel 1747 il re di Francia Luigi XV fece dono di un abito per calmare gli abitanti di Bruxelles, furiosi perché i soldati francesi avevano rubato la statua.
Il Manneken Pis viene vestito con uno dei suoi costumi 36 volte all’anno, in date prefissate: per esempio, ogni 21 aprile indossa il costume di Spirou (personaggio dei fumetti), mentre ogni 27 aprile veste i panni di Nelson Mandela. I primi di luglio indossa la maglia gialla del Tour de France.” (Wikipedia.org)
Ci sono momenti e circostanze in cui l’irriverenza diventa una virtù; quando ad esempio ci sentiamo prevaricati da un potere politico che stabilisce regole rigide e ingiuste; quando un’autorità pubblica sfrutta la debolezza dei più deboli confondendoli e manipolandoli; quando impera la legge del più forte; quando ci sentiamo privati dei nostri diritti fondamentali ed inalienabili di libertà di espressione; quando non ci resta altro per far sentire la nostra voce che un gesto semplice, per quanto infantile, che riporta alle giuste proporzioni il confronto tra la prepotenza dei grandi e l’umana sete di libertà e di autodeterminazione dei piccoli.
Caterina Carloni