Ho imparato a leggere la Bibbia studiando i Veda.
Attraverso questa letteratura immensa e di inestimabile valore (veda da vid, “conoscere” ma anche “vedere”) , compilata dagli antichi saggi-veggenti indiani, i rishi, ho potuto intravedere ciò che loro stessi avevano realizzato attraverso il sapere intuitivo e la visione interiore. I rishi non si ritenevano gli autori delle loro opere ma soltanto coloro che, assorti in meditazione e profondamente ispirati, divenivano autorevoli ricettacoli dell’illuminazione divina.
Grazie ai Veda ho potuto constatare che ai livelli più alti, tutte le tradizioni religiose e spirituali si incontrano e formano un unico coro, mentre è ai livelli bassi che predominano gli attriti, le incomprensioni talvolta violente e irriducibili, tra le diverse confessioni.
Nella Bhagavad-gita, al capitolo XVII, è scritto : “O discendente di Bharata, secondo l’influenza materiale che domina la sua esistenza, l’essere sviluppa una forma particolare di fede. Si dice che l’essere vivente sia di questa o di quella fede secondo l’influenza materiale che subisce”.
Abbiamo bisogno di varietà di forme e di caratteristiche divine per poterci identificare con la migliore versione di noi stessi e per sviluppare le qualità proprie della nostra natura.
Un concetto simile è riportato anche nella Bibbia, in quella perla di saggezza rappresentata dal Libro di Qoelet, “Colui che parla nell’assemblea” (o Ecclesiaste) che esordisce così: “Vanità delle vanità, tutto è vanità”, in cui ribalta ogni principio canonico e affema: “Quale utilità ricava l’uomo da tutto l’affanno per cui fatica sotto il sole? Una generazione va, una generazione viene, ma la terra rimane sempre la stessa” (Qoelet I. 3-4). E anche: “Ho preso in odio la vita perché mi è sgradito quanto si fa sotto il sole. Ogni cosa infatti è vanità e un inseguire il vento” (Qoelet II. 17).
La visione di Qoelet è originale, perfino un po’ pessimistica, ma permeata dal desiderio di libertà da tutti i preconcetti, tanto che sembra contraddire il pensiero dei libri biblici che lo precedono e che lo seguono. E’ proprio qui la sua bellezza e la sua profondità. E’ un testo unico.
Ci ricorda che la verità assoluta non risponde alla logica umana ma rappresenta un percorso, una strada, una ricerca personalissima di quanto c’è di più divino e raro in noi stessi. Ci riporta alla necessità di una crescita personale, guidata ma non condizionata dal pregiudizio, che ci aiuti a tirar fuori da noi stessi, attraverso la riflessione e l’ascolto, la nostra essenza divinità, consapevole ed eternamente felice.
Caterina Carloni
Grazie al Centro Studi Bhaktivedanta e al suo fondatore Marco Ferrini per l’opera di diffusione della cultura vedica nel mondo e per avermi insegnato ad apprezzarla (http://www.centrostudi.net).
Itís difficult to find well-informed people in this particular subject, but you sound like you know what youíre talking about! Thanks