Assumere l’atteggiamento giusto di fronte a un disagio interiore è basilare.
In genere, quando emerge un malessere psicofisico, tendiamo a rispondere in uno di questi 5 modi:
- Lotta
- Negazione
- Sfida
- Resa
- Ascolto
C’è chi non vuole altro che essere “liberato dal male” e chiede quindi allo specialista di eliminare i sintomi al più presto con gli psicofarmaci, finendo poi col dipenderne, visto che il problema non viene risolto alla radice (lotta).
C’è poi chi non riconosce i sintomi come fatti reali, li considera sciocchezze e tira dritto come se niente fosse, fino a quando diventano così invalidanti che dovrà comunque chiedere aiuto (negazione).
C’è anche chi li riconosce ma entra in un atteggiamento di sfida nei loro confronti, a volte vincendo e a volte perdendo, ma sostanzialmente non riuscendo a liberarsene (sfida).
Poi c’è chi si arrende ai sintomi, assecondando le loro imposizioni e i loro limiti, finendo per vivere una vita sempre più limitata (resa).
Tra sfide, resistenze e negazioni, è l’ascolto la via da seguire.
Fare silenzio per sentire il messaggio che il sintomo ci sta inviando è la maniera più costruttiva di vivere il disagio. Ascoltare il sintomo, invece che lottarci contro o assecondare passivamente le limitazioni che impone, è un agire invisibile ma pieno di conseguenze. L’ascolto del sintomo e del suo eventuale messaggio non deve però essere influenzato da troppi consigli di altre persone, da troppe consultazioni su internet, da troppi lamenti, pregiudizi o false credenze, e neanche da troppi inizi di terapie diverse. Un vero ascolto è nel silenzio: solo così potremo capire se dobbiamo ancora attendere, se non dobbiamo ancora forzare, se dobbiamo ancora rigenerarci, stare fermi, riflettere, studiare nuove strategie o modalità oppure cambiare contesto. Il non fare, se vissuto così, non è quindi una sconfitta o un pericolo di cronicizzazione, ma la fase che prepara il germoglio della guarigione.
Liberamente estratto da Cosa fare quando arriva il sintomo, Riza, aprile 2023
Caterina Carloni