• Sab. Dic 21st, 2024

VEDAM

A cura di Caterina Carloni, psicologa & psicoterapeuta

BLOG DI MEDICINA PSICOSOMATICA & PSICOLOGIA OLISTICA - Impariamo a leggere i sintomi fisici come linguaggio dell'anima e ad utilizzarli in chiave conoscitiva, positiva ed evolutiva

IL SIGNIFICATO EVOLUTIVO DEL SINTOMO

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Assumere l’atteggiamento giusto di fronte a un disagio interiore è basilare.

In genere, quando emerge un malessere psicofisico, tendiamo a rispondere in uno di questi 5 modi:

  • Lotta
  • Negazione
  • Sfida
  • Resa
  • Ascolto

C’è chi non vuole altro che essere “liberato dal male” e chiede quindi allo specialista di eliminare i sintomi al più presto con gli psicofarmaci, finendo poi col dipenderne, visto che il problema non viene risolto alla radice (lotta).

C’è poi chi non riconosce i sintomi come fatti reali, li considera sciocchezze e tira dritto come se niente fosse, fino a quando diventano così invalidanti che dovrà comunque chiedere aiuto (negazione).

C’è anche chi li riconosce ma entra in un atteggiamento di sfida nei loro confronti, a volte vincendo e a volte perdendo, ma sostanzialmente non riuscendo a liberarsene (sfida).

Poi c’è chi si arrende ai sintomi, assecondando le loro imposizioni e i loro limiti, finendo per vivere una vita sempre più limitata (resa).

Tra sfide, resistenze e negazioni, è l’ascolto la via da seguire.

Fare silenzio per sentire il messaggio che il sintomo ci sta inviando è la maniera più costruttiva di vivere il disagio. Ascoltare il sintomo, invece che lottarci contro o assecondare passivamente le limitazioni che impone, è un agire invisibile ma pieno di conseguenze. L’ascolto del sintomo e del suo eventuale messaggio non deve però essere influenzato da troppi consigli di altre persone, da troppe consultazioni su internet, da troppi lamenti, pregiudizi o false credenze, e neanche da troppi inizi di terapie diverse. Un vero ascolto è nel silenzio: solo così potremo capire se dobbiamo ancora attendere, se non dobbiamo ancora forzare, se dobbiamo ancora rigenerarci, stare fermi, riflettere, studiare nuove strategie o modalità oppure cambiare contesto. Il non fare, se vissuto così, non è quindi una sconfitta o un pericolo di cronicizzazione, ma la fase che prepara il germoglio della guarigione.

Liberamente estratto da Cosa fare quando arriva il sintomo, Riza, aprile 2023

Caterina Carloni

Di Cateca

Caterina Carloni, psicologa e psicoterapeuta