Molti lettori hanno segnalato in questo periodo di ferie estive un calo generale di motivazione e di energia, un po’ come succede quando arrivano le feste natalizie o il capodanno e ci si accorge di non essere così felici e contenti come ci si aspetterebbe. Da cosa dipende questo calo d’umore? E qual è il significato profondo e simbolico della depressione?
La depressione è una flessione marcata del tono dell’umore per la maggior parte della giornata, per un periodo che può andare da un minimo di due settimane a molti mesi, talvolta anni. Nella crisi possono presentarsi alcuni, o tutti, fra i seguenti sintomi: forte calo di interesse o piacere per molte o tutte le attività consuete; perdita o aumento dell’appetito e del peso; disturbi del sonno; agitazione o rallentamento psicomotorio; facilità a stancarsi; sensi di colpa inappropriati; ridotta capacità di attenzione; a volte, pensieri ricorrenti di morte.
Può essere di tipo monopolare, in cui l’umore è persistentemente basso, oppure bipolare, in cui l’umore alterna fasi di euforia smodata (detta “mania”) a fasi di depressione vera e propria.
Le cause
Le cause della depressione sono in genere di diverso tipo: esistenziale, affettivo-relazionale, biologico e genetico. Ognuno di noi può vivere una crisi depressiva nell’arco della vita, ma alcuni sono più predisposti di altri, sia per fattori genetici che relativi alla storia personale.
Di norma, ogni situazione che produce un senso di perdita (in ogni ambito) può innescare la crisi, se giunge in un momento di fragilità emotiva: ad esempio un lutto, il periodo dopo il parto, il pensionamento, la menopausa, il matrimonio di un figlio, una separazione, la perdita del lavoro, una malattia.
I simboli della malattia sono tre.
Senso di perdita: ogni depressione, almeno nelle fasi iniziali, esprime sempre la reazione alla perdita di qualcosa che era sentito come vitale e indispensabile. Il lutto, che noi riconosciamo solo come periodo di dolore per la morte di una persona cara, è anche il ripiegamento di chi sente di aver smarrito un pezzo della propria anima. Ciò può avvenire per situazioni anche molto diverse tra loro, non sempre visibili a chi sta intorno. In generale, la perdita riguarda uno o più dei seguenti elementi: un importante legame affettivo, un contesto sentito come “casa”, un ruolo in cui si era fortemente identificati, il senso della vita che si sta conducendo, un’immagine valida di se stessi, la possibilità di esprimersi in modo autentico. La sensazione è quella di aver perso l’aggancio con la realtà. Il disinteresse e l’apatia indicano che il cervello, al momento, non trova più stimoli, e al contempo lo proteggono dall’esposizione inopportuna alle consuete azioni e agli incontri quotidiani.
Crisi: si interrompe il continuum dello stile di vita precedente. Quello che costituiva un equilibrio – stabile e felice, oppure precario e sofferto – ora non c’è più.
Se è vero che la morte di una persona cara (genitore, partner, figlio, amico) è un evento straordinario per la profondità e la vastità delle sue valenze, e come tale richiederà un processo molto particolare di elaborazione e di “riparazione” (quando possibile), tutte le altre crisi, sia quelle originate da eventi esterni indipendenti dalla nostra volontà sia quelle sorte dalla nostra interiorità, si presentano al contempo come perdita e come opportunità, anche se nel momento della caduta dell’umore e della forte sofferenza si percepisce solo il primo aspetto.
La crisi spazza via un modo di essere. Ci obbliga a fermarci. Ci lascia nel buio e nel vuoto del non senso. Ci impedisce di proseguire sulla strada che stavamo seguendo ma non ce ne indica una nuova. Ci fa sentire tagliati fuori dal mondo, senza farci intuire dove finisce il tunnel. Vissuta solo così, la depressione non può compiere fino in fondo la “missione” per la quale è venuta, cioè trasformarci. Lasciata a metà strada, rischia di diventare cronica e di bloccare davvero la nostra vita.
Trasformazione e rinascita: se si riesce ad osservare il processo depressivo nel suo insieme, ecco che gradualmente emerge l’aspetto creativo della crisi. La depressione infatti esprime il grande tema della morte-rinascita presente a ogni livello della natura. In natura tutto ciò che nasce o rinasce lo fa al buio, in silenzio, nel segreto, dopo un periodo di oscuramento/gestazione: il bimbo nella pancia della mamma, la farfalla nel suo bozzolo, il seme nelle profondità della terra, la primavera dopo l’inverno ecc. Questa legge, per la quale una creazione deriva sempre da una morte (perdita, disagio, ripiegamento), vale anche per l’ambito esistenziale: nella vita le scelte e i cambiamenti fondamentali che facciamo nascono sempre da un più o meno lungo momento di crisi, nel quale il vecchio schema si spezza e fa spazio al nuovo, che deve ancora configurarsi ma che in realtà, in modo embrionale, è già presente nelle premesse che hanno prodotto la crisi stessa.
La crisi depressiva è al contempo dolore, sofferenza e – su un piano organico – alterazione chimica dei neurotrasmettitori. A livello esistenziale, però, è anche una risorsa del cervello che indica quando è il momento di cambiare, anche se noi non lo riconosciamo o cerchiamo di resistere.
Nella crisi depressiva siamo chiamati ad affrontare e vincere i nostri fantasmi interiori attingendo a capacità personali sconosciute, in modo da diventare persone nuove, più padrone di noi stesse e della nostra esistenza.
Sono a rischio di depressione:
- persone che hanno vissuto la prima parte della vita in contesti depressivi o traumatici (per esempio malattia o perdita di un genitore, violenze fisiche o psicologiche, depressione cronica di un familiare, sradicamento improvviso dal luogo di origine, visione di fatti raccapriccianti, condizioni psico-sociali disastrate) che ne hanno minato la fiducia di base e la sicurezza in se stesse;
- persone che non riescono a sottrarsi a situazioni cariche di sofferenza o che richiedono un prolungato dispendio di energie;
- persone che non abbandonano né modificano uno stile di vita nel quale da tempo non si riconoscono più;
- persone con tratti di personalità dipendente, che si appoggiano agli altri nella maggior parte delle situazioni che vivono;
- persone che hanno uno o più familiari che soffrono o hanno sofferto di depressione, sia monopolare che bipolare, o di schizofrenia.
I rimedi
Quando è possibile, è meglio evitare di ricorrere agli psicofarmaci come unica soluzione. È importante, invece, non cercare di reagire a tutti i costi per dimostrare che si sta bene o per senso del dovere: meglio accettare per qualche giorno di fare ciò che la depressione sta chiedendo: chiudersi nel proprio bozzolo protettivo, fermarsi, stare in silenzio, non svolgere tutte le consuete attività, non fare vita sociale; vivere per qualche tempo in piena passività, accettando completamente e senza paura questa situazione che è stata fortemente suggerita dal proprio cervello. Se si riesce a farlo senza opporsi, dopo qualche giorno, al massimo una decina, una nuova energia si risveglierà: la prima volta che si sente la voglia di fare qualcosa – anche minima – sarà l’inizio della guarigione. Nei giorni di chiusura bisogna resistere al senso di colpa e alle insistenze di chi, volendoci bene, ci vorrebbe vedere reagire.
Rispettando questo atteggiamento compariranno pensieri totalmente nuovi su noi stessi e sul futuro.
Caterina Carloni
[…] DEPRESSIONE: la crisi che rinnova vai a: https://www.vedam.it/2021/08/18/posta-dei-lettori-la-depressione-la-crisi-che-rinnova/ […]