La cute, il confine che ci delimita e fa di noi un’unità, rappresenta la parte visibile di noi stessi ed esprime la nostra individualità. È la preziosa pergamena sulla quale, inconsapevoli, scriviamo ogni giorno la nostra storia.
E’ il primo rivelatore della nostra interiorità e della nostra personalità: attraverso il rossore, il pallore e la sudorazione si rivela uno specchio in cui uno sguardo attento può cogliere lo stato d’animo e le fantasie, i segreti e le paure.
La cute rappresenta la nostra identità.
Oltre che rendere visibile all’esterno la forma del nostro corpo, la pelle, attraverso i segni che porta su di sé, esprime bene certe caratteristiche individuali. Le impronte digitali, le cicatrici, le rughe di espressione e i segni del tempo testimoniano il vissuto delle nostre esperienze e rivelano agli altri l’unicità del nostro essere.
La cute rappresenta il confine, costituisce un filtro e una barriera contro gli agenti nocivi, separandoci da ciò che sta all’esterno. Simbolicamente, svolge un’importante funzione di limite e di perimetro che consente all’individuo di riconoscersi come essere distinto e delimitato.
La pelle è l’organo della comunicazione e della relazione: rendendo evidenti all’esterno le risposte vascolari che segnalano situazioni emozionali interiori, rappresenta un importante mezzo di scambio interpersonale. In particolare nel mondo animale, ma anche in quello umano, essa costituisce il sistema comunicativo deputato alla regolazione dei comportamenti aggressivi, sessuali e pulsionali, attraverso modificazioni nella sua forma e nel suo colore in parti specifiche del corpo.
Nelle tribù primitive, inoltre, la cute e i suoi annessi, variamente colorati, trattati e adornati, svolgevano un ruolo comunicativo, con significati simbolici legati a situazioni magiche, di combattimento, terapeutiche e sociali. Attraverso la cute il corpo emana il proprio odore che ha un suo codice di riconoscimento e una sua “marcatura” personale, in rapporto anche agli stati d’animo.
L’odore della pelle è in grado di influenzare il comportamento dell’altro e segnare profondamente la relazione interpersonale.
La cute è inoltre strettamente legata alla sessualità. Grazie anche alla ricca e complessa innervazione sensoriale, è un organo altamente erogeno, soprattutto in zone come la bocca, i genitali, il seno; zone in cui il tatto, con tutte le sue sfumature di dolcezza e sensualità, esprime il linguaggio privilegiato dell’intimità.
IL MITO DI MARSIA
Secondo il mito, Marsia era un satiro, dio dell’omonimo fiume che scorre in Anatolia.
Pindaro narra che Atena si era costruita un flauto e poi lo aveva gettato via perché derisa da Era ed Afrodite per l’aspetto deformato del suo viso mentre lo suonava. Marsia raccolse l’ aulos e divenne un bravissimo suonatore, famoso tra i seguaci della dea Cibele e tra la gente dei campi, tanto che correva voce che neanche Apollo sapesse creare delle note così belle. Apollo, non accettando che il suo primato come dio della musica fosse messo in dubbio, sfidò Marsia ad un confronto: Marsia avrebbe suonato il flauto, Apollo la lira, mentre le Muse avrebbero scelto il vincitore. Le Muse, però, decretarono un pareggio tra i due sfidanti. Apollo, non soddisfatto, pretese che gli sfidanti dovessero cantare e suonare allo stesso tempo, cosa ovviamente impossibile con il flauto. Il dio vinse così la sfida e punì Marsia per la sua superbia facendolo scorticare vivo.
Il mito compare nel primo canto del Paradiso dantesco. Dante, nella sua invocazione iniziale, si rivolge ad Apollo, quale simbolo della scienza teologica, affinché lo aiuti a compiere l’ultima parte del suo viaggio e ad incontrare infine Dio:
“O buono Apollo, a l’ultimo lavoro/ fammi del tuo valor sì fatto vaso,/ come dimandi a dar l’amato alloro./ Infino a qui l’un giogo di Parnaso/ assai mi fu; ma or con amendue/ m’è uopo intrar ne l’aringo rimaso./ Entra nel petto mio, e spira tue/ sì come quando Marsïa traesti/ de la vagina de le membra sue”.
La pena subita da Marsia viene qui interpretata come un passaggio obbligato attraverso il quale dovrà inoltrarsi lo stesso Dante per poter completare il suo viaggio; lo scuoiamento è inteso come una liberazione dal legame troppo forte con la terra e con tutto ciò che concerne l’esperienza umana, un limite insopportabile al desiderio di visione trascendente. In quest’ottica, la libertà dall’involucro corporeo è il presupposto irrinunciabile per accedere a nuove realtà spirituali, per giungere a “Colui che tutto move”, “che ridire/ né sa né può chi di là sú discende”.
Grazie al tocco potente del dio, Marsia è tratto fuori dal suo corpo per rinascere divino.
Caterina Carloni
Domenica 19 settembre si terrà l’ottavo modulo del corso online di MEDICINA PSICOSOMATICA organizzato dal Centro Studi VEDAM, dedicato a LA PELLE, specchio dell’anima.
Per info: 3395258380 numero WhatsApp